Domanda del mese

Domanda del mese

Domanda: Cos’è la balbuzie?

Risposta: Una risposta a più voci è senz’altro quella più soddisfacente perché tocca i vari aspetti del problema:

La balbuzie è un disturbo di fonazione, emozione, relazione
– P. D’Erasmo

Riteniamo che questa definizione, per quanto essenziale, sintetizzi efficacemente la complessità del fenomeno balbuzie essendo perciò condivisibile.

‘La balbuzie è un disturbo nel ritmo della parola per cui il paziente sa cosa vorrebbe dire ma nello stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono aventi carattere di involontarietà’
– OMS/Organizzazione Mondiale della Sanità 1977

Interessante in questa definizione è l’enfasi su due aspetti:

  • 1° aspetto
    L’atto del balbettare è un atto involontario che rimanda a fattori per l’appunto indipendenti dalla volontà.
  • 2° aspetto
    La balbuzie è un disturbo prosodico per cui nell’eloquio la lunghezza della sillaba, il tono e l’accento risultano involontariamente alterati dando luogo al parlato disfluente.

‘La balbuzie è tutto ciò che si fa per non balbettare’
– W. Johnson

Questa definizione sollecita ad una seria auto-analisi chi, pur consapevole delle proprie manovre di fuga o di elusione, fatica a considerarle parte integrante del problema.

‘La cosa fondamentale che emerge da ricerche cliniche e di laboratorio è che il comportamento chiamato balbuzie è estremamente modificabile. È possibile, per una persona che parla, cambiare drasticamente le cose che fa e che egli chiama balbuzie’
– G. F. Johnson

Le parole di questo studioso vogliono enfatizzare le enormi possibilità di cambiamento per chiunque balbetti.

Chi balbetta soffre del complesso del “gigante in catene”
– J. Sheehan

Qualunque persona con balbuzie – dal bambino, all’adolescente, all’adulto – vive questo cruccio: sa in cuor suo che farebbe grandi cose se solo non ci fosse la balbuzie ad impedirglielo.

‘La balbuzie è un disturbo della propria presentazione sociale’
– J. Sheehan

L’autore vuole enfatizzare l’ansia sociale presente nel balbuziente e quindi la dimensione relazionale del disturbo.
Lo stesso autore arriva a paragonare la balbuzie ad un tango che esige il coinvolgimento di due ballerini (da soli non si balbetta).